Lo afferma Anna Di Ciaccio, coordinatrice italiana del progetto ATLAS, uno di quelli che ha portato alla scoperta del bosone di Higgs. Con lei abbiamo parlato delle difficoltà per le ricercatrici di fare carriera
Le studiose hanno sempre faticato a integrarsi nel mondo delle scienze dure, notoriamente declinato a favore degli uomini. Nonostante tutto, però, nel tempo le scienziate hanno raggiunto traguardi davvero importanti. Uno su tutti è la rivoluzionaria scoperta del bosone di Higgs, guidata proprio da una donna, Fabiola Gianotti. A livello nazionale, poi, la responsabile del progetto è un’altra donna dalla forte personalità, Anna Di Ciaccio, che si occupa da anni di particelle elementari tra università e centri di ricerca. L’abbiamo intervistata.
Come è stato per lei l’ingresso nel mondo della fisica?
Quando frequentavo l’ultimo anno di liceo ho letto sul giornale che l’Italia aveva quasi sfiorato un premio Nobel nella fisica delle particelle con la rivelazione della particella J/Phi ai laboratori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) di Frascati. Penso che quella notizia mi abbia molto colpita. È stato fondamentale anche aver avuto dei professori universitari eccellenti, tra cui Amaldi, Cabibbo e Conversi, per citare solo quelli scomparsi. Appena laureata, inoltre, ho avuto la fortuna di lavorare nello stesso esperimento di Carlo Rubbia, il quale non ha mai discriminato tra uomini e donne e, anzi, ha cercato di valorizzare al meglio le qualità dei suoi collaboratori: è stato lui a darmi la grande opportunità di andare all’Università di Harvard, a lavorare con ricercatori prestigiosi.
Come vive il suo ambiente lavorativo oggi?
Positivamente. Vedo emergere sempre più donne in ruoli di responsabilità e questo mi rende felice per le mie colleghe. Ritengo che in campo scientifico il clima di pregiudizio sia stato in buona parte superato e ringrazio le donne che prima di me hanno lavorato e svolto il ruolo pionieristico necessario ad andare oltre ai vecchi schemi e preconcetti. Quello che ancora manca alla donne e la però capacità di fare “lobby”, cosa che gli uomini sanno fare molto bene. Oggi se un uomo e una donna aspirano a una posizione di vertice, si tende ancora a privilegiare l’uomo, mentre si dovrebbe invece stabilire una regola precisa: a parità di qualifica, va scelta una donna.
Cosa ne pensa della visibilità portata alla scienza (e alle scienziate) dal bosone di Higgs?
La scoperta del bosone di Higgs è un risultato importantissimo, che paragonerei alla conquista della Luna! E’ stata un’impresa scientifica e tecnologica portata avanti per più di vent’anni da tanti ricercatori, tra cui molte ricercatrici italiane che hanno avuto prestigiosi ruoli di coordinamento. Parlando solo dell’esperimento ATLAS, negli ultimi anni abbiamo avuto una responsabile, Fabiola Gianotti, e ora abbiamo una vice-responsabile dell’esperimento, Beate Heinemann, che insegna all’Università di Berkeley, in California.
Crede che l’assegnazione di incarichi così importanti a delle donne sia una nuova tendenza?
E’ un segno dei tempi: oggi ci sono sempre più donne che arrivano ai vertici della carriera e che, quindi, possono essere candidate a ricoprire importanti funzioni organizzative, come nel mio caso. E’ sicuramente ancora difficile per le donne infrangere la barriera di cristallo per raggiungere posizioni di leadership in una qualsiasi impresa, ma mi auguro che tra qualche decennio non sia più così. Un dato sicuramente positivo, è che nel campo della ricerca in fisica le donne italiane sono molto più numerose delle colleghe straniere, per esempio tedesche, inglesi e americane.
Ha qualche consiglio per le giovani scienziate?
Lavorare sodo, non lasciarsi spaventare dagli impegni familiari, che gravano in gran parte ancora sulle donne, e, cosa più importante, avere una giusta dose di ambizione.
Intervista di Lori Berti, master in Comunicazione della Scienza “Franco Prattico”, SISSA, Trieste