di Mariella Paciello e Giuliana Rubbia
Nel giardino delle donne, nella soavità della corte del Buon Pastore sede della Casa internazionale delle donne, che continua a essere un riferimento sociale e culturale per l’associazionismo femminile, l’estate arriva con una serie di eventi di teatro, di cinema, di documentari. L’ultimo di questa prima serie, mercoledì 28 giugno, è stato un incontro, curato dall’Associazione Donne & Scienza in memoria di Margherita Hack per ricordare la grande astrofisica a quattro anni dalla morte, con filmati, dialoghi e racconti sulla grande scienziata.
Perché questo titolo ‘Nove vite come i gatti ‘? E’ questo un libro nel quale Margherita Hack apre il cassetto dei propri ricordi alla penna di Federico Taddia (Nove vite come i gatti. I miei primi novant’anni laici e ribelli Margherita Hack, Federico Taddia ed. Rizzoli) affidandogli il compito di dar voce alla propria memoria senza tradirne l’acume e lo spirito impertinente che ha contribuito a renderla una figura femminile straordinariamente autonoma e indipendente: novant’anni vissuti straordinariamente sono quelli che Margherita Hack ripercorre insieme a Federico Taddia nel libro-intervista Nove vite come i gatti. Non una convenzionale autobiografia, ma una raccolta di memorie e ricordi condotta sul filo dell’ironia per tracciare il bilancio di un’esistenza “laica e ribelle”, in cui la passione per la conoscenza e la ricerca si è sempre accompagnata all’impegno civile e a un’incrollabile vitalità sia fisica che intellettuale.“La felicità è essere contenti di quello che si ha. E io non posso proprio lamentarmi. Ho avuto tanto senza mai scendere a compromessi. Ho battagliato, certo. Ma fa parte del gioco.” Margherita Hack, “ E ancora questa intervista testimonia la sua partecipazione civile alle vicende della società italiana, ripercorre con la memoria la sua straordinaria avventura intellettuale contro corrente, e gli “scompigli” che non ha mai smesso di provocare. Riflette sul futuro della ricerca, difendendo appassionatamente il metodo scientifico contro le tante forme di superstizione e irrazionalismo che ancora segnano l’inizio di questo nuovo millennio: “Davanti a un fenomeno inaspettato molti reagiscono pensando di aver sbagliato e lo nascondono sotto il tappeto. Come la polvere. Invece è allora che comincia il divertimento”.
Hanno partecipato all’ evento alla Casa internazionale delle donne:
Pietro Greco, giornalista scientifico e scrittore
Simona Cerrato, comunicatrice della scienza (SISSA MediaLab, Trieste)
Manuela Magliocchetti, astrofisica (Istituto di astrofisica e planetologia spaziali, Roma)
Ha coordinato l’incontro:
Flavia Zucco, biologa Associazione Donne e Scienza, Roma
E’ con affetto e stima che le testimonianze di chi l’ha conosciuta tratteggiano via via il ritratto di una persona dalle molte sfaccettature. Astrofisica, scienziata, divulgatrice – ha attraversato quasi un secolo di storia, sostenuta da un’inesauribile desiderio di conoscenza che l’ha portata ad esplorare i territori dell’ignoto senza mai perdere il contatto con la realtà. Un approccio che l’ha resa forte anche di fronte agli ostacoli e alle difficoltà che hanno segnato la sua vita: la guerra, vissuta a cavallo fra infanzia e adolescenza, i primi passi nell’ambiente universitario e scientifico, i pregiudizi e gli ostacoli malgrado i quali è riuscita ad affermarsi, passo dopo passo, mettendo al servizio del prossimo la propria preparazione e le proprie caratteristiche professionali ed umane: eppure è stata la prima donna a dirigere un importante osservatorio, quello di Trieste, in età ancora giovanile. E’ stata proiettata una fotografia che ritrae una riunione di direttori di osservatori di varie nazioni nella quale c’è una sola donna: lei.
Pietro Greco, richiamando spezzoni di qualche sua intervista, ha ricordato in particolare il clima di grande libertà e amore nel quale i genitori di Margherita l’hanno allevata (I miei genitori erano avanti un secolo, mi hanno dato un’educazione molto libera e responsabilizzata). Atea e vegana, genitori teosofi. La madre lavorava, il padre no, licenziato perché antifascista. E ha ricordato anche la sua bravura in campo sportivo a livello agonistico (nella pallacanestro mi dicevano che ero accentratrice), ad aggiungere un’ulteriore sua faccia. E’ stata una grande sportiva fino all’ultimo: a 80 anni ha percorso la Trieste – Grado in bicicletta. Vogliamo ricordarla così. Una bicicletta per assaporare la libertà?
”Questo è lo sguardo di Margherita Hack, che proprio all’amore per le due ruote ha dedicato il suo ultimo libro, La mia vita in bicicletta, e che lo ha condiviso in una intervista inedita. Con un piglio ironico tutto toscano, impermeabile agli anni nella freschezza dei ricordi, la Hack rievoca gli anni della sua infanzia e dell’adolescenza tratteggiando il ritmo di una vita trascorsa orgogliosamente in sella, dal triciclo alla bici da corsa.
Altra notazione rilevante di Pietro è stata sulla capacità di Margherita di “comunicare”, non “divulgare”, termine talvolta superficiale rispetto alle difficoltà nell’esporre l’attività di ricerca e i suoi risultati; mai saccente, Margherita sapeva adattarsi, con la sua generosa disponibilità mentale di dialogare per ore, a linguaggi, livelli culturali ed età diverse del pubblico che la ascoltava con un interesse che pochi scienziati sanno destare.
Pietro Greco, ammiratore e amico di Margherita Hack, ha anche scritto un libro che racconta la vita di questa grande donna, presentando in un intreccio inestricabile il percorso della scienziata e quello dell’astronomia. Per almeno quattro decenni volto e voce della scienza italiana, Margherita Hack è stata tra i personaggi più popolari della comunità scientifica. Scienziata militante, non solo ha contribuito alla costruzione di una nuova visione dell’universo e ha trasformato l’Osservatorio astronomico di Trieste in un centro di valore internazionale, ma si è impegnata per la diffusione delle nuove scoperte e delle conoscenze scientifiche, convinta del loro essere fonte di progresso intellettuale e civile per tutti. Si è dedicata con passione e con tenacia alla lotta per i diritti delle donne, alla politica, alla difesa degli animali e dell’ambiente. Ha saputo leggere l’Italia a ogni livello senza pedanteria accademica, ma con lucidità, coerenza e ironia. È riuscita nel grande compito di ‘umanizzare’ la scienza.
Cos’era importante per Margherita ? La passione per il proprio lavoro, avere un lavoro gratificante e gli affetti, sia a due zampe che a quattro zampe, lei è stata sempre attorniata da vari animali.
Nel suo intervento Simona Cerrato, comunicatrice della scienza (SISSA MediaLab, Trieste), laureata in Fisica, esperta di editoria e divulgazione scientifica ha sottolineato anche lei i molteplici interessi di Margherita. E’ autrice insieme a Margherita Hack del libro L’universo di Margherita. Storia e storie di Margherita Hack illustrato da Grazia Nidasio. Editoriale Scienza. Il libro tratta della vita di Margherita Hack, la più nota astrofisica italiana, raccontata ai giovani con la spontaneità, la passione e l’impegno che hanno caratterizzato tutte le sue scelte. L’educazione aperta e tollerante ricevuta dai genitori, l’amore per la bicicletta e per la natura, i successi sportivi, gli affetti, la guerra e la dittatura, i viaggi. E poi le prime ricerche, l’affermazione internazionale, l’impegno civile e politico: tanti ricordi, belli e dolorosi, intensi e divertenti. La vita di Margherita Hack, viene qui raccontata ai giovani lettori in prima persona con entusiasmo e passione. Questo è un volume prezioso perché raccontando la sua storia e regalandoci i suoi ricordi (dalle sue case, al primo amore, dal primo lavoro all’antifascismo), la scienziata Margherita è riuscita a creare un interessante esempio di comunicazione scientifica.
Con felice fantasia Simona ha immaginato di descrivere le nove vite di Margherita così: MARGHERITA: NOVE VITE COME I GATTI
Prima vita. Impegno civile e politico: via la bandiera dalla bicicletta
Seconda vita. Scienziata, quindi numerosissime pubblicazioni scientifiche, inviti presso i più famosi osservatori del mondo, video e libri: e solo come esempio nel libro “Stelle, Pianeti e Galassie”Viaggio nella storia dell’astronomia dall’antichità ad oggi – Editoriale Scienza si fa guida d’eccezione e, con Massimo Ramella, racconta la storia dell’astronomia, dagli astronomi-sacerdoti babilonesi ai moderni telescopi e ai satelliti futuristici, passando per la nutrita schiera di studiosi che hanno contribuito a rivoluzionare, nei secoli, la visione dell’universo.
Terza vita. Scienza e società: libri, teatro ecc.
Quarta vita. L’amore per gli animali
Quinta vita. Vegetariana
Sesta vita. Me ne frego delle convenzioni: vado in giro con la maglietta della galassia (girava l’Italia da sola, con una borsa a tracolla e indossando una maglietta con il disegno di una galassia “così se mi sporco sembra che ci sia una galassia in più…”)
Settima vita. Una certa idea di famiglia: oltre all’immenso patrimonio di ricerca scientifica lasciata ai posteri appare doveroso dedicare uno spazio alla sua vita sentimentale, legata a filo doppio con Aldo De Rosa, suo marito dal 1944, un amore lungo 80 anni. In una lunga intervista del 2006 a Repubblica, Margherita Hack raccontò dell’amore con Aldo de Rosa, il suo amore, durato 80 anni, ed il suo opposto, conosciuto in tenera età . Di Aldo aveva parlato raccontando di quell’incontro fin da bambini, quando lei aveva 11 anni. Si sono poi rincontrati all’università ‘Si leticava sempre, non mi ricordo poi com’è finita che ci siamo innamorati e addirittura sposati. Aldo è un’enciclopedia vivente che consulto in continuazione”, continuava Margherita Hack. “Imprevedibile, timido, sognatore, come un extraterrestre, il mio opposto”.
Un amore che non spiega, nato per caso ed inaspettatamente. Aldo De Rosa è stato l’altra metà di Margherita Hack, una donna ironica, fiera e a tratti dura e aggressiva. Di lui, completamente agli antipodi diceva ‘Un’enciclopedia vivente che consulto in continuazione. Imprevedibile, timido, sognatore, come un extraterrestre, il mio opposto. Aldo De Rosa rinunciò alla sua attività di letterato per rimanerle sempre accanto, accompagnarla in quasi tutti i suoi viaggi e incoraggiarla nelle sue ricerche, tra loro vi fu sempre una grande complicità e vissero praticamente in simbiosi. E anche riguardo alla sua famiglia di origine ricorda che Mi hanno cresciuta nel modo più libero, senza ancorarmi ai ruoli femminili, inculcandomi due valori fondamentali: la libertà e la giustizia. Una grande fortuna per me.
Ottava vita. Lo sport: corsa, salto, pallavolo, calcio, bicicletta
Nona vita. Per tutta la vita: libertà di pensiero e di azione, mai tirarsi indietro.
Vite che Simona ha illustrato con brio e affetto portando anche i saluti di tutta la comunità scientifica triestina che la ha conosciuta, stimata e amata. Simona ha aggiunto inoltre che la comunicazione della scienza non è un’attività che deve essere pensata come fatta da chi ha fallito come ricercatore, ma è invece un dovere di tutti gli scienziati, per cercare di condividere al meglio con i cittadini, e in particolare con i giovani, le caratteristiche e i risultati dell’ attività scientifica, scegliendo con cura, volta a volta il linguaggio adatto ai pubblici cui ci si rivolge. Si è detto che la passione è componente necessaria per fare ricerca, la stessa passione è necessaria per comunicarla.
E’ stata poi mostrata da Simona un’immagine della strumentazione dell’osservatorio di Trieste che Hack ha diretto dal ’64 all ’87 del ’65. L’osservatorio astronomico di Trieste era allora, per dirla con le sue parole, l’ultimo in Italia sia per numero di dipendenti sia per strumentazione scientifica. Esso aveva sede, come tuttora, in un castello, edificio ottocentesco con tanto di merli e torrette, circondato da un grande giardino. Negli anni successivi Hack lo portò, con manifesto orgoglio, ad avere risonanza internazionale e ad imporsi tra i primi in Italia.
E’ intervenuta quindi Manuela Magliocchetti, astrofisica (Istituto di astrofisica e planetologia spaziali, Roma) Ph.D. in Astronomy and Astrophysics presso Institute of Astronomy and New Hall College, Cambridge, U.K.; riconoscimenti :Awards: Isaac Newton Scholarship for 1996-1999. New Hall College Grants for 1996-1997 and 1997-1998 in rappresentanza delle nuove leve dell’astrofisica attuale. Il suo filone di ricerca riguarda la formazione, l’evoluzione delle galassie e la loro dinamica sia dal punto di vista teorico che da quello delle alle osservazioni; è impegnata inoltre nello studio teorico relativo al Planck Surveyor Experiment.
Ha rilevato i prodigiosi progressi fatti dalle teorie e dalle tecnologie raffinatissime inerenti gli osservatori rispetto ai tempi della Hack: adesso gli osservatori si mandano in orbite sempre più lontane dalla terra e quindi più favorevoli all’osservazione di corpi celesti sempre più lontani.
Dichiara infine che l’astrofisica è alla portata di tutti gli studenti purché sorretti da una grande passione e certo anche da un insieme di circostanze favorevoli. Anche lei ha raccomandato particolare attenzione alle forme di comunicazione della scienza verso i giovani che si rivelano molto curiosi e attenti: Posso impiegare un mese a preparare una presentazione per loro invece dei due giorni che mi bastano per un congresso scientifico.
Infine qualche parola sulla coordinatrice dell’incontro: brillante e precisa nei commenti e nelle domande ai relatori. E’ dovuta a lei una parte rilevante dell’organizzazione e del coordinamento di questo evento interessante, merita quindi che si parli di lei!
Flavia Zucco, biologa, tra le fondatrici dell’Associazione Donne e Scienza, Roma è una valente scienziata, riconosciuta a livello internazionale e una delle massime esperte sulle questioni di genere, anche per questo conosciuta a livello internazionale. E’ quindi difficile sintetizzare i suoi due eccellenti curriculum, ne presentiamo solo qualche cenno.
Quanto alla sua attività di ricerca, è stata dirigente di Ricerca presso l’Istituto di Neurobiologia e Medicina Molecolare del CNR di Roma, ed è andata in pensione nel marzo 2009. Si è laureata in Biologia all’Università di Napoli, nel 1969. Ha lavorato presso l’Istituto di Embriologia Molecolare di Arco Felice (NA) sul differenziamento in vitro del sistema nervoso, poi presso l’Istituto di Tecnologie Biomediche del CNR di Roma si è occupata dell’applicazione delle colture cellulari in tossicologia. E’ stata coordinatrice del Progetto europeo LIINTOP (6PQ), sulla messa a punto di modelli in vitro di epatociti ed enterociti umani, per lo studio del trasporto ed assorbimento dei farmaci.
Ha inoltre fondato l’ESTIV (European Society of Toxicology in vitro) di cui è stata prima presidente ed è ora membro onorario. E’ autrice di 90 pubblicazioni scientifiche e di oltre 115 comunicazioni a Congressi. E’ stata membro dei comitati editoriali di 4 riviste internazionali.
Ed ora qualche cenno alla sua attività, sul tema Donne e Scienza. Ha fatto parte della “Commissione di studio per la valorizzazione della componente femminile nel campo della ricerca scientifica e tecnologica” del CNR. È socia fondatrice della European Platform of Women in Science (EPWS), finanziata dalla Commissione Europea. Nel 2007 è stata nominata componente della “Commissione Salute delle donne” del Ministero della Salute. Nel 2009 è stata membro del Comitato Scientifico di coordinamento nell’ambito della Convenzione tra il Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Scuola Superiore della pubblica Amministrazione. Anche in queste aree è autrice di numerose pubblicazioni, ha coordinato numerosi progetti europei, ha curato corsi, convegni e seminari in Italia e all’estero ed ha fondato, nel 2003, con altre ricercatrici l’Associazione Donne&Scienza, della quale è stata presidente per molti anni.
E a riguardo del tema donne e scienza Flavia ha richiamato la sottorappresentanza delle donne nella scienza, un’offesa alle donne per la loro discriminazione, un danno economico per la società che le fa studiare e poi non ne utilizza i talenti, e un danno per la qualità della ricerca dalla quale si escludono tali talenti. A questo proposito ha ricordato i grandi meriti della Commissione Europea che ormai da vent’anni ha preso coscienza di ciò ed è intervenuta in modi diversi presso gli stati membri per il superamento di queste discriminazioni sia “longitudinali”, dato che ancora una bassa percentuale di donne raggiunge l’apice di carriera, sia “orizzontali” visto che le donne sono tante nelle discipline umanistiche, e poche nelle cosiddette scienze dure, a parte biologia. Si veda a riguardo il sito della Commissione “She figures. E l’Italia ne ha beneficiato molto.
Tutta l’attività promossa fino a qualche anno fa dalla Commissione Europea, attraverso la proposta di specifiche azioni positive non ha tuttavia intaccato i fattori che limitano la parità effettiva tra uomini e donne nella scienza, soprattutto ai livelli decisionali. Infatti questo problema è multidimensionale: è legato ai sistemi organizzativi e alla relazione tra individui e organizzazioni e non a specifici interventi. Sono stati attivati pertanto dalla Commissione Europea vari progetti nei quali si propone generalmente un approccio sistemico e integrato riguardo alle caratteristiche delle strutture organizzative di gestione e di ricerca nelle istituzioni scientifiche.
Dalla logica dell’“agire sulle donne” si passa a quella dell’“agire sul sistema”1; all’adozione di “specifiche misure per le donne” (es. mentoring, modelli di ruolo o rete di relazioni professionali) si preferisce quella di misure sistemiche che “agiscano sulle donne in modo che esse possano assumere ruoli decisionali nel sistema ricerca scientifica”: debbono le donne adattarsi alle attuali organizzazioni o i sistemi adattarsi alle differenze tra i loro componenti, incluse le donne?
1 Londa L. Schiebinger, professoressa di Storia della Scienza presso la Stanford University e direttore del progetto EU/US Gendered Innovations in Science, Medicine, and Engineering; Gendered Innovations in Science and Engineering:Stanford University Press, 07/mar/2008