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Troppo poche le donne scienziate

La recente assegnazione dei cinque premi L’Oreal-Unesco ‘Per le donne e la scienza’ ha riaperto il dibattito sulla presenza femminile nel mondo della ricerca. La cerimonia ha rappresentato, infatti, una duplice occasione: promuovere il manifesto ‘For Women in Science’, sottoscritto anche dal ministro della Ricerca Stefania Giannini, e rendere nota l’indagine condotta dalla stessa Fondazione L’Oreal, secondo la quale 7 italiani su 10 sostengono che le donne non possiedano le capacità necessarie per accedere a occupazioni di alto livello in ambito scientifico.

Il tema è, da anni, al centro degli studi dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali (Irpps) del Cnr. “Nel nostro Paese solo il 25% dei ricercatori è donna, e di queste solo una su quattro riesce a raggiungere posizioni professionali apicali: sono dati che dimostrano quanto siamo ancora lontani dalla parità di genere nel mondo della ricerca, anche a causa di stereotipi e pregiudizi molto radicati”, afferma Sveva Avveduto dell’Irpps-Cnr. “Negli anni, il dibattito sulla presenza femminile nel mondo scientifico è stato articolato in tante riflessioni, ma non sempre a esse è seguito un cambiamento nelle pratiche. Per questo, non stupiscono i risultati dell’indagine condotta dalla Fondazione”.

L’Irpps ha da poco pubblicato la monografia ‘Scienza, genere e società. Prospettive di genere in una società che si evolve’ (a cura di Sveva Avveduto, Maria Luigia Paciello, Tatiana Arrigoni, Cristina Mangia e Lucia Martinelli), che raccoglie contributi presentati al convegno annuale dell’associazione Donne e Scienza. “In ambito scientifico le questioni di genere devono essere affrontate su diversi piani, non solo su quello delle pari opportunità”, prosegue la ricercatrice. “Di fronte alle sfide globali è necessario ridefinire il rapporto tra scienza e società, tra il potere economico e la ricerca tecnico-scientifica, e in questa operazione il genere non deve essere una variabile accessoria, ma una leva di profondo cambiamento”.

L’Oreal-Unesco 2016 ha premiato, ancora una volta, il meglio della ricerca italiana al femminile: oltre a Francesca Zoratto, post-doc dell’Istituto di scienza e tecnologie della cognizione del Cnr, autrice di studi sulla propensione al rischio che potrebbero aiutare a individuare le contromisure per trattare le dipendenze, le altre vincitrici sono Maria Vittoria Micioni di Bonaventura (Università di Camerino) per ricerche sui temi dell’obesità e dei disordini alimentari; Irene di Palma (Roma La Sapienza) per i suoi studi in ambito astronomico, in particolare sulle stelle di neutroni; Martina Sanlorenzo (Università di Torino, Istituto di Candiolo Irccs) e Valentina Emmanuele (Università di Messina) per ricerche che riguardano, rispettivamente, il melanoma e lo studio delle malattie che colpiscono le centrali energetiche delle cellule.

Nelle ultime settimane, importanti riconoscimenti hanno riguardato anche altre ricercatrici eccellenti dell’Ente: Roberta Oberti dell’Istituto di geoscienze e georisorse ha vinto il premio Antonio Feltrinelli per le geoscienze assegnato dall’Accademia dei Lincei e Amalia Gastaldelli dell’Istituto di fisiologia clinica è stata inserita nella Top Italian Women Scientists 2016, classifica che censisce le scienziate di maggior impatto.

Fonte: Almanacco CNR

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